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http://vociromane.corriere.it/2013/07/03/un-abbraccio-e-uno-schiaffo/

 

Anche questa settimana ospitiamo un racconto di Federica Ferretti,  scrttrice abruzzese molto legata a Roma. Il titolo è “Schiaffo”. Il tema? Gli amori maturi, che spesso richiedono coraggio per essere vissuti. Che ne pensate?  Fateci sapere

“Eppure, c’era ancora una possibilità,  che leggeva riflessa anche in quella pozzanghera di Campo de’ Fiori dopo l’ennesimo temporale.

C’era.

Bisognava darsela. Prima di tutto a se stesso, ormai al giro di boa.

Eppure, prossimo  ai 50 anni, non è facile lasciarti andare. Per quanto possa sentirti ancora avvenente, e forse, lo sei,  ti senti lo stesso inadeguato, perchè avverti che, stavolta,  è diverso, si ripeteva, continuando a masticare nervosamente quella sigaretta che, di lì a poco, quasi per una sua personale rivincita sull’indecisione che lo attanagliava, avrebbe spento nella stessa pozzanghera in cui vedeva riflessa la sua ultima opportunità.

Non di diventare ricco;  ormai,  lo era a sufficienza.

Non di fare il salto, di arrivare a ricoprire quell’incarico che aveva già conquistato anni prima.

E  che, più probabilmente, ora  gli stava  persino stretto.

Sì, perché cozzava con la sua spontaneità, con quella risata così squillante, argentina, che lo aveva immediatamente riportato in vita.

Eppure, come confessarglielo?

La lasciava  quindi in stand by, per non dimostrarle che, invece, era in sua completa balia, in balia di quegli occhi, specie di  quel sopracciglio buffamente innarcato che lo aveva divertito, all’inizio, e poi stregato.

Si erano conosciuti per caso;  al contrario, per necessità , avevano finito per amarsi.

Disperatamente,  in silenzio.

Sfuggendosi a vicenda.

Scegliendo semmai la via del compromesso, dell’amicizia: che parola subdola, quest’ultima,  tra un uomo ed una donna come loro, una coppia così singolare come quella che avevano fino ad un certo punto formato.

E da “amici”, se le erano pure cantate, fino a che si erano reciprocamente definiti “inconciliabili”.

A dispetto di ogni comune buonsenso, però, non ce l’avevano fatta a starsene confinati entro gli angusti recinti di quell’assurdo dettame, per quanto condiviso, per quanto insormontabile. 

Più che altro autoimposto, per una legittima difesa.

Per proteggersi da un’attrazione che si stava rivelando così pericolosa, che cioè avrebbe potuto  rischiare di tenerli  insieme, e magari per sempre.

Infatti, dipendevano, e  in una maniera quasi fastidiosa.

Si sentivano pure  a chilometri di distanza, sentivano l’uno il respiro dell’altra, la notte, sul proprio cuscino.

Si ostinavano tuttavia  a non ammettere quanto si appartenessero.

In realtà, si erano appartenuti sin dal primo istante, solo che si erano lasciati ingannare dalle apparenze,  dalla superficialità con cui vuole forzosamente girare il mondo oggi giorno.

Perché Carolina era di circa dieci anni più giovane, eppure, ragionava con il suo medesimo cuore.

E a sua volta, per quanto gli si ribellasse,  lo ricambiava con tutta se stessa.

Ma quando vedi addormentarsi inavvertitamente quel  qualcuno che avevi già scelto al tuo fianco,  le cose ti cambiano dalla sera alla mattina.

Vivi schiava di mille rimorsi, paure, insicurezze, ti addormenti a tua volta, per cercare di stabilizzare il tremito della tua anima in pena, l’aritmia di un umore che, pensi, non sarà più lo stesso buonumore che ti caratterizzava.

Fino a che la vita aveva allentato le tenaglie dentro cui si era ingabbiata:  Ernesto, si era insinuato d’un tratto nelle pieghe di quel medesimo corpo, con le buone, e con le cattive parole, con tutta la sua arroganza e, poi, quasi all’opposto,come se fosse stato un altro,  con un’ infinita fragilità.

Ovvero con tutto l’amore di cui neppure lui si era accorto, ma c’era, come  arrivatogli in un subitaneo schiaffo in pieno volto.

Ed era  l’unica possibilità, l’ultima che la vita stava concedendo loro, trovatisi all’improvviso, quando era giunto il tempo di dimenticare il passato per rincominciare un percorso “diverso”.

 A camminare vicini, su di una  strada tanto sconosciuta quanto tutta loro.

Era scritto nella medesima pozzanghera che Carolina si vide riversata in faccia, da niente meno che Ernesto, che le si fermò  perciò davanti, altrettanto  istupidito.

Si guardarono per un istante lunghissimo.

Scese, Ernesto, e senza parlare, le spalancò le braccia.

Non aspettavo altro, disse Carolina, solo che avevo troppa paura di perderti senza averti mai avuto”.

 

 

Tag: abbraccio, amori maturi, consapevolezza, Federca Ferretti, schiaffo

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